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Prima di parlare del 4° conte di Ragusa, Gugliemo Martino d'Altavilla vengono riportate in questa pagina altre due importanti ed autorevoli testimonianze scritte che attestano quali sono le pertinenze della Latina in Sicilia.
Si tratta del diploma del re Ruggero II e della bolla del papa Adriano IV.
DICEMBRE 1151 RUGGERO II CONFERMA LA DONAZIONE DEL “MONASTERII SANCTE CRUCIS”.
Ritornando all’abate Pietro, che già da quasi un anno soggiornava in Sicilia, nell’attesa che venissero espletati tutti i rilievi dei due funzionari, quando questi ebbe in mano tutta la documentazione necessaria ritornò a Palermo per consegnarla al re Ruggero II. Dopo aver visionato la relazione, Ruggero II ordinò subito di trasformarla in privilegio così com'era, cioè senza alcun cambiamento.
Così finalmente, dopo un anno d'attesa, l’abate Pietro potè disporre dei confini di tutti i possedimenti di Santa Maria Latina di Gerusalemme in Sicilia e precisamente quelli di Agira, di Ragusa, di Nicosia (in provincia di Enna), di Capizzi (in provincia di Messina), di Polizzi (in provincia di Palermo) e Sciacca (in provincia di Agrigento). Il documento fu rilasciato in lingua greca, ma successivamente furono fatte delle traduzioni in latino, una parziale nel 1252 ed un’altra integrale nel 1316. A noi sono pervenute queste due traduzioni.
IL PRIVILEGIO DEL PAPA ADRIANO IV DEL 21 APRILE 1158.
Il 21 aprile del 1158 papa Adriano IV (1100 – 1159), rivolgendosi ad Amelio, abate del monastero di S.M. Latina e a tutti i suoi confratelli, dichiarò di voler mettere sotto la sua protezione la chiesa di Santa Maria Latina di Gerusalemme e di mantenerne l’ordine benedettino. Nella stessa riunione il Papa predispose un formulario che successivamente sarebbe stato seguito dai papi, al momento della concessione dei privilegi alla Latina.
Questo formulario, fra le altre cose, doveva contenere:
La conferma e l'elenco di tutti i possedimenti della Latina in Occidente ed in Oriente. In quell'occasione fra quelli presenti in Sicilia “apud Ragusam” citò “ecclesiam et villam sancti Petri de Rasacambra cum decimis possessionum suarum”.
Che l'elezione dell’abate doveva avvenire con il consenso dei confratelli secondo la regola benedettina.
Che l’elezione doveva essere confermata dal patriarca di Gerusalemme, qualora l’abate fosse impossibilitato a recarsi a Roma.