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DON PIETRO I CELESTRE

STORIA ANTICA > > DINASTIA DEI CELESTRE

I Celestre erano arrivati in Sicilia, alla fine del trecento, dalla Spagna al seguito del re Martino e di Bernardo Cabrera. Il casato dei Celestri, a cui Don Pietro I apparteneva, si era ramificato in diverse parti dell'isola: Licata, Palermo, Catania, Messina, Noto, Modica e Scicli.

DON PIETRO I CELESTRE.
Il territorio di Santa Croce, era all'epoca, un feudo ecclesiastico e pertanto non era sottoposto a decime. Territorio non appartenente alla Contea di Modica, era gestito dagli abati di Santa Maria la Latina di Agira che affittavano a nobili ragusani e modicani per brevi periodi. Nel 1458 le terre di Rosacambra e del vecchio casale di S.Croce furono assegnate “
ad longum tempus” (cioè per 29 anni) a Pietro Celestri, nobile modicano, personaggio discretamente noto nella Sicilia orientale, appartenente alla famiglia, che nel 1400, era considerata la più ricca e potente della città.
Nel 1470, molto prima che il contratto scadesse,
la concessione da temporanea fu resa perpetua, dietro pagamento di un canone annuo di: 10 onze, 3 tarì, 12 grani d'oro ‘20 rotoli di cera grezza, 2 barili di tonno salato ed 1 pane di zucchero di due rotoli. Di lì a poco l'enfiteuta Don Pietro otteneva dai conti di Ragusa il feudo Imperatore, ricco di acque e molto fertile.
Da questo momento in poi le vicissitudini del territorio di Santa Croce saranno strettamente legati a quelli del territorio di Casuzze che ne faceva parte. Seguire la storia di Santa Croce e come seguire la storia di Casuzze.

COLONIZZAZIONE DEL FEUDO.
Di lì a poco l’enfiteuta Don Pietro iniziò la colonizzazione del grande feudo, puntando non solo alla rivitalizzazione del casale, ma anche alla valorizzazione dei siti dove anticamente gli abitanti delle Kaucane svolgevano le loro attività agricole e marinare. A tal fine richiamò dai comuni viciniori, in particolare da Scicli e Modica, nuovi abitanti, in gran parte umili contadini e artigiani, assicurando loro accettabili condizioni di lavoro e di residenza. Sorsero così le prime casette, stalle e bagli che delimitarono le prime strade a fondo naturale. Dietro la sua guida si costituì il primo nucleo del casale di Santa Croce; si sviluppò così un'edilizia semplice e povera, connessa alle attività agricole e artigianali.
Le zone di maggior richiamo furono nell'entroterra quella al cui centro era il Piano del Mirio (attraversate da larghissime trazzere che dalla grande fontana portavano a: Comiso, Scicli, Ragusa, a capo Scalambro) e sulla costa quelle tra la Punta della Secca e le cosiddette Anticaglie.
Più a sud, sul Capo Scarem, riuscì appena a potenziare la torre di avvistamento e di difesa (vedi foto sotto), fece costruire dei magazzini, ei locali per la salagione del pesce, delle fornaci per la preparazione della calce da impasto, delle vasche per la colorazione delle reti da pesca, un pozzo ed una chiesetta posta sul lato est della torre.
Nelle campagne si coltivarono grano, vigneti, oliveti e dove c'era abbondanza d'acqua la canapa, si allevarono bovini e ovini. Sembrava che fossero tornate a vivere le Kaucane. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1494, il vasto feudo ed il casale si S.Croce Camerina prosperarono ancora per pochi anni (nel 1500 si contavano ben 500 abitanti, in gran parte di origine sciclitana), poi cominciò a spopolarsi.
Diverse le cause che costrinsero i numerosi terrazzani ad abbandonare la zona: i continui assalti dei pirati, che assalivano le sguarnite coste; la malaria (diffusissima nelle aree acquitrinose); le dispute (che si protrassero per diversi anni) e la divisione del territorio tra i Celestre e i Bellomo di Siracusa; lo scarso interessamento dei feudatari e così il casale di S. Croce e le terre dei contermini attraversarono il nuovo periodo di decadenza.
A Pietro I Celestre successe, nel 1481, il figlio Michele.

Ultimo aggiornamento: 17/03/2023
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