Menu principale:
GUGLIELMO VITALE.
Guglielmo Vitale, nacque a S. Croce nel 1756. Si laureò in legge a Napoli, ma non esercitò la professione preferendo curare i beni di famiglia. Come proconservatore dello “Stato di Santa Croce” ed amministratore comunale, fu attivo e impegnato. Divenne titolare di feudi e proprietà isolate che si aggiunsero alle proprietà ereditate dal padre. Guglielmo, figlio di Giuseppe e nipote di Giovanni Lupo, incarnava il prototipo della nuova classe sociale. Dal 1806 al 1815, assieme al cognato Don Ippolito Rinzivillo aveva costituito una società per la conduzione in affitto dello stato Marchesale di Santa Croce, ricoprendo la carica di cassiere.
Agricoltore illuminato, prosciugò le terre del Pantano a mezzo di canali di scolo, impegnando centinaia di braccianti e sterratori, e incrementò le attività agricole nei feudi Grassullo, Malavita e Corchigliato. La realizzazione dell’opera di bonifica rappresentava per il barone Guglielmo Vitale non solo l’affermazione della sua ostinata convinzione che la natura poteva essere trasformata, ma anche la scalata sociale nell’alta società.
Nel 1814 ottenne il titolo di barone. Morì a S. Croce nel 1832. Con intelligenza e forte impegno ne continuarono l’opera la moglie, donna Giovanna Vitale, figlia del bar. Guglielmo Vitale, e i molti figli, tra cui l’avv. Biagio, che fu anche abile amministratore del Comune.
CONTRADA PANTANO.
Contrada Pantano, oggi fertile zona agricola ma all’epoca acquitrinosa, situata tra Punta Secca e Punta Braccetto, frazioni del comune di Santa Croce fu oggetto, il 19 luglio del 1816, di enfiteusi perpetua fra il Marchese Giovan Battista V Celestri e Guglielmo Vitale, diventato barone nel 1814. Il canone annuo stabilito fu di 528 onze e 17 tari. Con questa somma G. Vitale si aggiudicava, oltre alla contrada Pantano, le seguenti tenute: Malavita (per 382 ettari, 69 are e 77 centiare); e le terre costiere poste ai margini dei torrenti Pagliaio e Zampogna con le chiuse di Pizzo Galluzzo e le terre incolte dello Sbadato (per 46 ettari, 32 are e 35 centiare); e come detto prima il Pantano dei Pesci (per 29 ettari, 65 are e 28 centiare).
Il marchese Giovan Battista Celestre concedeva la facoltà al barone Vitale di eseguire negli acquitrini del Pantano lavori di bonifica al fine di renderli coltivabili. Gli acquitrini di tale contrada e le vicine torri Vigliena di Punta Braccetto e di Pietro a Torre di Mezzo costituivano, all’epoca, un ostacolo contro le scorribande dei barbari ed protezione per la popolazione santacrocese.
IL CONTESTO STORICO.
Era il periodo in cui l’Inghilterra nel 1801 aveva conquistato l’arcipelago maltese, baluardo della cristianità contro gli attacchi dei Turchi e dei barbari, e aveva attuato il blocco continentale nei confronti dell’impero francese. La presenza della flotta inglese a Malta.
ed il continuo pattugliamento navale del Mediterraneo, avevano ridotto, fino a farli estinguere, le incursioni e le scorribande dei nordafricani lungo le coste siciliane. Da lì a poco sarebbe sparito il Regno di Sicilia e con esso il potere assoluto della feudalità baronale e sarebbe nato il Regno delle due Sicilie (1812 – 1816).
Il blocco continentale degli Inglesi aveva trasformato la Sicilia in un immenso granaio e in un mercato di approvvigionamento delle derrate alimentari per il rifornimento della marina britannica. Molti borghesi siciliani, avendo fiutato il business, si erano dati al commercio delle vettovaglie per l’esercito britannico di stanza in Sicilia ricavandone sostanziosi guadagni, che si aggiunsero ai beni e alle rendite accumulate come esattori delle rendite feudali.
L’OPERA DI BONIFICA.
L’opera, dopo diverse peripezie e contrattempi, fu portata a termine nel 1819 dopo quasi tre anni di lavori, era l'anno in cui Santa Croce diventava libero comune. Nove salme e tre tumoli di terreno acquitrinoso furono trasformate in terreno fertile e coltivabile, per una spesa totale di 2.138 onze, 20 tari e 10 grana, una spesa enorme, basti solo pensare che il reddito medio annuo di un contadino era pari a circa 6 onze.
Dopo la morte del barone Guglielmo Vitale e di sua moglie, la baronessa Donna Giovanna Vitale Ciarcià, che aveva continuato la conduzione delle vaste aziende familiari, le beghe fra i figli per la divisione ereditaria, stavano portando il vasto patrimonio in un totale abbandono. Definite le quote ereditarie, la contrada Pantano passò in mano al barone Giovanni Battista Ciarcià, nipote di Guglielmo Vitale, che riqualificò i terreni destinandoli a vigneti, fece costruire magazzini, case ed un palmento dove pigiare l’uva. Oggi di tutto questo rimangono solo dei ruderi.
L'OPERA DI VIGILANZA SANITARIA.
Nel 1831 il barone Guglielmo Vitale pensò di istituire una vigilanza sanitaria del litorale tra Punta Secca e Casuzze per impedire che venissero trasmesse malattie contagiose da imbarcazioni straniere. Già dal ‘700 la vigilanza del litorale, contro la pirateria, era stata ripartita fra i comuni: Vittoria per il tratto di Cammarana (Scoglitti); Comiso per il tratto di Punta Braccetto; Santa Croce per il tratto restante fino al vallone di Biddemi, dopo la quale la responsabilità ricadeva al comune di Ragusa, e per il tratto ancora successivo a quelli di Scicli e di Modica fino alla marina di Pozzallo. Fu però una vigilanza realizzata con un numero limitato di uomini e con modesti mezzi che non garantivano alcuna sicurezza né a Santa Croce, né agli abitanti dei territori vicini.