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Giovanbattista V Celestre Grimaldi, figlio di Tommaso Celestre Grimaldi e di Anna Maria Celestre-
La madre, rimasta vedova, si risposò con il nobile catanese Giuseppe Gioeni e mantenne la baronia di Alia.
Cresciuto fra la nobiltà più facoltosa di Palermo, al contrario dei suoi predecessori, non fu attratto dagli impegni pubblici perché il suo interesse principale era la bella vita. Fu comunque Superiore della Campagnia della Carità nel 1792 a Palermo.
Il 21 aprile 1793 sposò Donna Eleonora Gravina Principessa di Montevago (figlia di Girolamo, principe di Montevago e di Pellagra Grifeo del Bosco), da cui ebbe quattro fogli: Giuseppe Morto nel 1821, Emanuela morta nel 1834, Teresa morta nel 1850 e Marianna un’unica figlia femmina rimasta in vita e a cui sarebbe passata la titolarità del feudo.
Il marchese, come già detto, condusse una vita dissoluta, passava i suoi giorni nella magnificenza del palazzo di Casa Celestre in via Maqueda a Palermo tra lussi e sfarzi di ogni genere. I suoi passatempi preferiti erano le belle donne ed il gioco d’azzardo, fu capace di perdere al gioco, in un solo giorno, 600 onze.
Ben presto s’indebitò fino al collo, pur percependo consistenti entrate dal feudo di Santa Croce Camerina e dal vasto feudo di Alia (terre vicine Palermo, ereditate a partire dal 26 aprile nel 1811 a seguito della morte della madre Maria Anna) dalla quale ereditò anche il titolo di principe di Montevago.
RAPPORTI CON IL FEUDO DI SANTA CROCE
Alla fine del settecento e subito dopo la costituzione siciliana del 1812, che sancì l’abolizione del feudalesimo, diversi nobili (i Conti di Modica, i Celestre, i Grimaldi, gli Scalea, i Ciano ed altri) spindi dal bisogno di denaro iniziarono a vendere o a dare in enfiteusi perpetua considerevoli appezzamenti di terre a borghesi che intanto si erano arricchiti alla spalle dei loro vecchi padroni o commerciando con gli inglesi.
Il Marchese Giovanbattista V Celestre, fu uno di questi. Sappiamo che i debiti lo costrinsero a vendere in enfiteusi perpetua diverse proprietà di terreni accelerando così lo smembramento del feudo di Santa Croce, che fino alla fine del 1700 era rimasto quasi integro. Le attenzioni della borghesia locale verso le terre del Marchese non si fecero attendere, i benestanti locali, come tanti falchi, acquistarono decine e decine di salme delle terre dello sciagurato marchese, che in pochi anni era riuscito a dilapidare un feudo.
Fra questi si distinsero: Don Giuseppe Vitale con i figli Guglielmo e Francesco, originari di Ragusa; Don Giovanni Rinzivillo con i figli Francesco ed Ippolito, originari di Modica; Don Francesco Scattarelli, i Lupo, i Mauro, i Giuca originari di Scicli; Don Domenico, Don Giovanni e Don Melchiorre Riera, Don Raffaele Ciarcià, e Don Guglielmo Iozzia del luogo.
Questi borghesi, già economicamente forti grazie ad azzeccati investimenti, con il passare del tempo s’imparentarono con le famiglie più importanti di Santa Croce, o di altri paesi aumentando ancor di più il loro prestigio e la loro potenza economica.
Fu sotto Giovanbattista V Celestre che Santa Croce nel 1818 divenne libero comune con il nome di Santa Croce Camerina per ricordare la vicinissima Kamarina, colonia siracusana fondata del 598 a.C. Il nuovo comune aveva un territorio di 436.848 mq e 2.207 abitanti, amministrati da un Decurionato.
MORTE DI GIOVANBATTISTA V CELESTRE.
Il marchese morì a Palermo il 3 settembre del 1824 all’età di 54 anni; mentre la moglie il 2 marzo del 1852 a 78 anni.