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GIOVANBATTISTA CELESTRE FONDATORE DI SANTA CROCE

STORIA ANTICA > > DINASTIA DEI CELESTRE

Per la stesura di questa pagina mi sono avvalso delle  informazioni riportate dal Prof. Francesco Pellegrino nell' Archvio Storico n°3 della Società Santacrocese di Storia patria (Anno III 2016)


Giovanbattista nacque a Catania nel 1548 da Pietro III Celestre e da Francesca Chirco, figlia del nobile catanese Baldassarre.
Nel 1579 sposò donna Lucrezia Migliaccio (nata nel 1545 e morta nel 1600?), figlia del barone di Montemaggiore e ne ebbe tre figli: Pietro IV (Licata, 1581 - Palermo, 1616), Giovanni (premorto al padre e al fratello) e Francesca.
Fin da giovane fu avviato agli studi giuridici e una volta conseguita la Laurea in "
Utroque Jure" (Diritto civile e canonico) diventò uno tra i più noti e preparati avvocati che vissero tra la fine del 500 e gli inizi del 600 nel Regno di Sicilia.

Per tre volte dimorò in Spagna dove morì a Madrid l’11 Aprile 1615, e lì fu sepolto. All’interno della dinastia dei Celestre aveva acquistato un’autorità che tutti gli riconoscevano e per questo cercò di difendere il potere ed il prestigio del casato nei confronti di chiunque l’avesse in qualche modo contrastato.

LA SUA CARRIERA PROFESSIONALE.

Giovanbattista ebbe una carriera politica e professionale folgorante e molto intensa. Per le sue eccellenti capacità professionali, ricoprì, dal 1587 al 1610, alte cariche istituzionali che lo costrinsero a stare lontano per diverso tempo dal suo feudo e a risiedere a Madrid, a Valladolidi e a Palermo. L'8 marzo del 1601 fu nominato dall'imperatore Filippo 3° di Spagna
"Presidente del Real Patrimonio di Sicilia". Il re testualmente scrive nel decreto: "Per l'ottimo lavoro da lui svolto e, soprattutto, nell'ultimo periodo, per l'equilibrio dimosrato come reggente del mio Consiglio Supremo d'Italia". All'epoca Giovanbattista viveva presso la corte del re di Spagana a Valladolid a dare una mano al re nel delicato incarico della migrazione degli uffici, per cui il trasferimento a Palermo non fu immediato.
Proprio per questa sua vita travagliata, pensò bene già nel 1596 di nominare suo figlio Pietro IV "Procuratore"  generale di tutti i suoi beni posseduti in Sicilia.

GIOVANBATTISTA CELESTRE FONDATORE DI SANTA CROCE.
Sul finire del XVI sec., nel quadro dello sviluppo della colonizzazione interna finalizzata al rilancio della produzione granaria nell’Isola, ebbe inizio la rinascita della terra di S. Croce.
La ricchezza del territorio e la presenza di più insediamenti erano ben chiari a Giovanbattista Celestre, che già il 7 novembre 1596 Giovanbattista aveva inoltrato al re Filippo II, tramite il viceré interinale Giovanni Ventimiglia, marchese di Geraci, la richiesta di fondazione e popolamento della Baronia di Santa Croce. Il Ventimiglia espresse parere favorevole ma era necessario “
l’assensu et confirmatione S[acrae] C[attolicae] Maj[esta]tis infra duos annos”.

MUORE FILIPPO II SUBENTRA FILIPPO III.
Filippo II purtroppo moriva il 13 settembre del 1598, senza aver avuto la possibilità di ratificare la “
licentia edificandi”.
Fortunatamente prima di morire il re si era raccomandato con il figlio Filippo III a portare a termine le promesse che lui aveva fatto a tutti coloro che lo avevano servito con lealtà incondizionata e fra questi c’era Giovanbattista Celestre a cui aveva assicurato l’autorizzazione a fondare la città di Santa Croce.
Alla morte di Filippo II, senza aspettare che finisse il periodo del lutto, dal palazzo del Pardo il nuovo re Filippo III, che si era insediato da appena 50 giorni e che aveva in grande considerazione Giovanbattista III Celestre, si affrettò a firmare il 2 novembre del 1598 la giacente “
licentia habitandi et rehedificandi” di Santa Croce, che fu resa esecutiva nel regno di Sicilia il 29 gennaio 1599, data oggi assurta come natale del comune.
Stavano per scadere i due anni, mancavano solo cinque giorni al tempo previsto per il parere favorevole, appena in tempo per evitare una nuova richiesta di “Licentia Populandi”. Nella "
licentia"si riconoscevano le capacità produttive e le potenzialità del feudo, nonchè i vantaggi che lo Stato, i baroni ed il popolo stesso potevano trarne.

LA “LICENTIA POPULANDI”
La licentia populandi era quindi una concessione, del Regno di Sicilia, in favore dei baroni o feudatari consistente nel privilegio di popolare un feudo. La licenza includeva anche "il privilegium aedificandi" ossia il permesso di ricostrire l'antico casale, oppure di fondarlo ex-novo.
Queste concessioni furono dettate da un’attenta politica rivolta a debellare il brigantaggio e il contrabbando in una zona della Sicilia, la Contea di Modica, totalmente anarchica e franca perché spesso sfuggente al controllo della Corona.
La licenza poteva essere concessa dal Re o dai Viceré ai baroni, sia come riconoscimento per i servigi resi alla corona, sia, più frequentemente, dietro il pagamento di una certa somma alla tesoreria Regia generale di Sicilia.
Oltre 100 nuovi comuni rurali (come Niscemi, Paceco, Floresta, Baucina, Lalia, Santa Ninfa, Aragona, Cattolica Eraclea, Casteltermini e Vittoria) sorsero intorno al 1600 con questa modalità.
Ma vediamo quali vantaggi avrebbe potuto apportare tale concessione:
• Il Re avrebbe recuperato l'amicizia dei nobili siciliani, che per lungo tempo erano stati vessati fiscalmente e contemporaneamente si garantiva non solo un più capillare controllo del territorio isolano, ma anche maggiori entrate finanziarie.
• I baroni avrebbero conseguito maggiori redditi, accresciuto la propria influenza a livello regionale e locale contrapponendosi con maggiore autorità allo strapotere dei vicerè.
• Il popolo, trasferendosi nelle nuove città avrebbe avuto più possibilità di trovare lavoro e guadagno.

Per ogni terra da colonizzare la licentia era legata a precisi doveri cui i baroni colonizzatori non potevano sottrarsi, tra cui:
• Il pagamento al fisco di un contributo oscillante tra le 100 e le 400 onze.
• La costruzione di almeno 80-100 abitazioni da assegnare ai coloni.
• La costruzione e l'avviamento di una chiesa.

Ultimo aggiornamento: 18/03/2023
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